Una meta, un viaggio, poca voglia di tornare

Gelo, pioggia e vento. Ecco cosa ho trovato. Tra le cose immediatamente tangibili elencherei queste.
Sono le più importanti? Ovviamente no.
Lavoro, vita, cortesia, un posto nuovo. Un posto da conoscere, con regole diverse, diverse abitudini. Ed una lingua diversa: l’inglese.
Non quella che ho studiato tutta una vita a scuola o cercato di parlare con pochi turisti o amici occasionali. Una lingua stretta, complicata a pelle, impegnativa nelle sfumature. Imparare a parlare per sopravvivere, sopravvivere per parlare meglio e poi vivere.
Non so se è la Scozia in sè che mi ha preso o se è solo un nuovo posto come un altro. So però, soprattutto grazie a Lei, che è un buon posto, o comunque lo sembra molto.
Adesso nevica, è tutto il giorno che nevica. Nevica ma non attacca. Forse il terreno è troppo freddo anche per la neve. E’ inevitabile parlare del tempo. Anche gli scozzesi ne parlano spesso. Soprattutto del freddo, anche se loro sembrano non sentirlo. Vanno in giro in magliettina o felpetta quando io per non buscarmi un malanno mi metto maglione e giaccone. Si mettono un berretto quando c’è vento, si coprono le mani quando fa veramente freddo ed io non mi azzardo nemmeno ad uscire. E in tutto questo non ho ancora visto una persona soffiarsi il naso. Io mi sento a disagio quando lo faccio: tutti mi guardano, guardano il fazzoletto, sembrano non capire, poi, allarmati, si allontanano… ed io ci rimango di merda.
Forse basta abituarsi, forse basta iniziare a mangiare come fanno qui, e mettere su qualche strato lipidico in più. Forse basta smettere di comprare fazzoletti.
In italia ho lasciato un po’ di cose che verrò presto a prendere, credo. Il mio fottuto computer e qualche rimasuglio di effetti personali. E poi i libri, i miei pochi libri. Se potessi porterei anche un bidet, che qui ce ne sarebbe bisogno.
Qui non si eccelle mai per la pulizia in casa. E’ un po’ tutto lasciato a se stesso con ritmi di riordino e pulizia abbastanza blandi e flessibili. Si pulisce quando capita, se capita. Io non mi sento a disagio, ma non mi potrei abituare alla sporcizia, potrei solo galleggiare, schivare, scansare, girare in torno. Mai farci le cose dentro. Una volta lessi un libro: parlava di germi.
I supermercati sono ovunque. Non troppo diversi da quelli italiani. Qualche differenza, vengono favoriti banconi con roba “ready to eat” o “ready to bake and eat” o “ready to drink”. Gli scaffali con materie prime nel vero senso della parola (farina, ortaggi, cibo da pulire, cuocere, farcire) sono pochi e scarni. Beh poi dipende dalla grandezza del supermercato, più è grande più è facile trovare prodotti rari (come il lievito per dolci, ad esempio). Invece è pieno di schifezze e minchiatine, scaffali colmi di ogni sorta di “junk food”.
Musei gratuiti. Un botto di musei. Li stiamo visitando un po’ per volta. Devo dire che il clima austero e serioso dei musei italiani non c’è o non lo trovo, non si deve fare silenzio (basta non berciare e/o correre, credo), è tutto molto free. Se becchi il giorno giusto c’è la visita guidata.
Ho accennato alla cortesia. A parte quella delle persone che ti parlano, che sembrano sempre gentilissime, un “sorry” ogni tre parole, quando io il “sorry” non riesco ancora ad usarlo usualmente, c’è quella dei messaggi scritti e degli avvisi. Qui l’avviso meno cortese è “per favore, non fare questo/quello…”. Oggi sono stato in un museo. Sulle opere da non toccare c’era scritto: “Per favore, aiutaci a prenderci cura di questo oggetto non toccandolo”. Capito? Qui sono avanti. Sì però c’è da dire che è anche pieno di telecamere. In ogni dove. Vai in un qualsiasi posto pubblico e ci sono minimo due-tre telecamere che ti registrano. Non ne vedi neanche una? Non ti preoccupare, c’è. In realtà sono sempre abbastanza visibili, è raro che siano nascoste. Non so neanche se sono tutte funzionanti, magari sì.


Sorridi! Verrà il giorno in cui non serviranno più le telacamere perchè avremo un chip nel cervello. Oppure perchè non ci sarà più nessuno da controllare…
Dopotutto mi sono solo avvicinato di qualche centinaio di chilometri ad una delle stanze dei bottoni. Ogni bottone decide la sorte di qualche popolo:

OFF=sopravvivi – ON=soffri

Ho iniziato questo viaggio per curiosità, sto continuando perchè una parte della mia Vita ha idee chiare e precise. So che non finirà presto, so che non avrò niente da perdere e tutto da guadagnare. In un film che vidi poco tempo fa c’era un professore che diceva che l’Italia non può essere cambiata se non distruggenola e ricostruendola da zero. Credo che l’autore di quel testo abbia ragione, per quel poco di cose che ho visto/letto non credo ci sia altra soluzione. Io però non saprei da dove partire e probabilmente andarsene è la mossa peggiore, dopotutto ci tengo a cambiarla. Probabilmente tornerò con idee diverse, può essere che pensare di cambiare un solo Paese non serva a niente perchè il mondo tutto è marcio nelle fondamenta, che poi sono i vertici. Forse un giorno atterreranno gli alieni.

One response to “Una meta, un viaggio, poca voglia di tornare”

  1. Durruti

    Dubbi su dubbi, paure e ancora dubbi…ce li ho tutti i giorni….perche’ ho deciso di lasciare ank’io l’Italia. Imparare a parlare bene una lingua per essere capiti e per capire, cambiare abitudini ….
    Ank’io non saro’ solo ma comunque i pensieri rimangono e il mio stomaco mi rende partecipe delle “sue” sofferenze.

    Alcuni mi dicono: “Vai vai che stai facendo al cosa giusta!”
    …ma perche’ nessuno di loro la fa ? Hanno capito qualcosa di piu’?
    Altri:”Certo che di coraggio ne hai” o “Che impresa!” ….e frasi del genere non mi aiutano…

    Beh ma bastera’ lasciarsi andare e cercare di vivere al meglio e tutto verra’ da se …o almeno di questo mi sto convincendo.

    Forza Cretox “che stai facendo al cosa giusta” ;)

    Durruti