Lavorare con persone con cui condividi davvero poco, a parte la fatica.
Essere costretto a mangiarci insieme durante il lavoro, che tra l’altro cambieresti volentieri.
Lo sguardo si alterna dal piatto, alla finestra, al bicchiere: non emetti suono, risparmi commenti e osservazioni superflue.
A cercare un argomento di discussione o gioco con i tuoi compagni di pasto, preferisci immergerti in pensieri o passatempi: conti le travi del soffitto, cerchi di decifrare la marca dello strano orologio al muro, guardi per l’ennesima volta se piove o c’è il sole, che poi non ti cambia nulla.
I giri degli insetti o delle rarissime rondini sono dieci volte più interessanti di quello che farai tra pochi minuti, ovvero alzarsi e tornare a sciupare litri di acqua e chili di alimenti* per produrre roba di cui non esiste un vero bisogno.
A fine giornata il sacco dei rifiuti biologici pesa più della tua fatica, più della tua noia. Ma niente sarà più pesante della tua promessa di cambiamento.
Eppure, a me una volta piaceva cucinare.
*: per non parlare dei megajoule di energia e dei chilometri quadrati di imballaggi.
iniziavo a chiedermi se avessi dimenticato di avere un blog :D